Divario digitale e donne ai tempi del Coronavirus. Ne parliamo con Papaleo (Cisl) e Bussone (Uncem)
1 Aprile 2020
Coronavirus quali rischi per le donne e quali i disagi per chi vive in montagna. Se ne parla stamane in una nuova puntata di Insieme a voi. Voci dell’Appennino ai tempi di questa lunga emergenza forzata. Alle ore 11 (in replica alle 17) in diretta su Radionova ne parloamo con Rosamaria Papaleo, segretaria Cisl Emilia Centrale e, a seguire, Marco Bussone, presidente Uncem (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani).
Conduce Gabriele Arlotti, in regia Claudio Chierici. Su 94.300 o in streaming su
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Donne, più rischi e meno tutele col Coronavirus
Ieri, martedì 31 marzo era l’Equal day, la giornata della parità salariare. Questo giorno simboleggia fino a che punto dell’anno le donne devono lavorare per guadagnare ciò che gli uomini hanno guadagnato nell’anno precedente.
“In aggiunta le donne italiane rischiano di pagare un conto doppiamente salato a fronte della gestione delle pandemia in corso”. A denunciarlo è Rosamaria Papaleo, segretaria Cisl Emilia Centrale, che pone l’attenzione sulle differenze di genere che “purtroppo esistono anche in questo drammatico contesto”.
Cosa rischia di accadere in alcune case delle famiglie italiane o, più in generale, dei diversi paesi del mondo dove è in atto il protocollo di isolamento sociale?
“Questo fenomeno è più vicino a noi di quanto possiamo pensare. Il primo esempio deriva dal fatto che le donne hanno posizioni spesso poco retribuite, precarie e informali rispetto ai colleghi uomini. Ne deriva che abbiano minori ‘scorte’ cui potere attingere in questo momento e, pure, minori garanzie quando lentamente torneremo alla normalità”.
Dalla famiglia alla sanità. I pesi maggiori sulle spalle delle donne?
“Sì. Perché sappiamo che sempre sulle donne ora ricadono i maggiori oneri, in termini di impegno e fatica, della gestione famigliare, con lavori domestici superiori mediamente tre volte a quelli dell’uomo, o anche dell’accudimento di anziani. Se invece pensiamo alle puerpere sappiamo che ora purtroppo, a fronte di servizi sociali sovraccarichi in alcune zone italiane c’è un rischio di minori attenzioni pre e post parto, che è uno dei momenti più delicati nella vita di una madre. Ancora: sappiamo, che il 70% dei lavoratori del settore sanitario e dei servizi sociali è rappresentato da donne: sono le categorie dove in questo momento si sta rischiando di più”.
Sul fronte scuola/famiglia la situazione come è?
“La chiusura di tutte le scuole e asili nido – prosegue la segretaria Cisl – si ripercuote purtroppo maggiormente sulla capacità di mantenere il lavoro fuori casa per le donne. Queste ultime, temo, pagheranno un costo elevatissimo in realtà come Reggo Emilia o Modena dove abitualmente operiamo e vediamo le naturali difficoltà nella gestione dei figli: già prima molte donne rinunciavano al lavoro retribuito proprio per i figli”.
La quarantena può avere anche pesanti risvolti sociali?
“Questo è dimostrato dall’Onu che sottolinea come nelle famiglie dove ci sono problemi di violenza famigliare, quando si utilizzano strategie di segregazione o quarantena, il rischio di violenza tende ad aumentare. Lo dimostrano alcuni dati che fanno emergere simili tendenze in questo momento”.
Come sindacalisti come vi siete attivati e cosa proponete?
“Chiediamo prima di tutto alle donne – conclude la segretaria Cisl Emilia Centrale – di segnalarci le disparità di genere aggravate dalla situazioni in essere o direttamente al sindacato o alle nostre Rsu delle aziende, quindi ci rivolgiamo alla politica e al mondo delle imprese affinché possano essere adottate le migliori azioni per contrastare questi fenomeni, come l’attuazione dello smart working che già molti – ma non tutti – stanno utilizzando. In tal senso, proponiamo un protocollo donna a parti sociali, imprese ed enti”.
Divario digitale: ecco perché pesa sulle montagne
“Da dieci anni ci stiamo lavorano. Insistiamo e azioniamo tutti i canali. Per far capire che se questo Paese non risolve le problematiche infrastrutturali, perde la sua unità. Infrastrutture materiali, ma non solo strade e ferrovie. Il divario digitale – cioè le differenze di accessibilità e velocità nello scambio dei dati tra aree urbane e aree rurali – è un’emergenza vera. Divide chi ha da chi non ha, chi può e chi invece deve desistere. Uncem sostiene che su questo fronte serve più intervento dello Stato, forte e preciso, e delle imprese. Il Paese se ne era quasi accorto due anni fa, quando le partite del Campionato di calcio venivano trasmesse solo su piattaforme streaming. E la banda non era disponibile nei territori, campagne, montagne, zone rurali, aree interne”.
La denuncia è di Marco Bussone, presidente Uncem (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani).
“Torniamo ad accorgercene oggi, in questa fase così complessa e nella quale smart working ed e-learning sono entrati nel lessico comune. Ordinarie pratiche, ma non per tutti. Non per chi non ha un computer (tanti bambini e ragazzi, purtroppo), non per chi non ha una buona connessione, non per chi ce l’ha ma la banda non è sufficiente proprio a causa delle tante connessioni insieme. Uncem ha chiesto al Governo e ai vertici dei Ministeri competenti di accelerare sul Piano nazionale per la banda ultralarga. Tre miliardi di investimento per un’infrastruttura pubblica nella quale crediamo fortemente (unica in Europa), per ridurre e annullare il digital divide appunto. Oggi il Piano è in ritardo. Non si può fallire. Anche se esistono già sistemi senza fili, wireless, che tutti – imprese, pubbliche amministrazioni, cittadini – possono attivare a costi buoni. Molto spesso non ne sono a conoscenza. Questi fronti di intervento sono necessari per la telefonia mobile – Uncem ha chiesto alle compagnie più investimenti visto che in 1.200 Comuni italiani è complesso telefonare e inviare messaggi – e anche per vedere la televisione”.
“Senza infrastrutture nuove, questo Paese, ciascuno di noi, non può costruire un moderno sistema di servizi digitali come prevedono diversi piani nazionali e regionali. Senza banda ultralarga per “connetterci” non si possono fare telemedicina e teleassistenza, scuola a distanza, lavoro agile. Ne abbiamo invece tanto bisogno. Come abbiamo urgenza di poter accedere a tutti i servizi on line del sistema privato e pubblico. Dalla banca all’Inps, dall’anagrafe comunale alla Posta. Ci siamo battuti come Uncem – e lo faremo ancora – affinché i gestori dei servizi non smobilitino dai territori, non li abbandonino. Oggi – va saputo – abbiamo in Italia 250 Comuni senza un negozio. Le banche se ne vanno. Non lasciano manco un bancomat. Spianano la strada alle Poste con le quali il “patto” fatto un anno fa con i sindaci consente di avere uffici aperti e nuovi servizi digitali.
Oggi i Sindaci sono nuovamente in prima linea. Nei loro “COC”, nel dialogo con i colleghi, nelle risposte continue e urgenti ai cittadini preoccupati. Sono perno della protezione civile locale, fulcro delle attività e dei municipi dove non sempre si può fare lo smart working e il cloud è garantito, nonostante l’impegno delle macchine amministrative”.
“Nuovi scenari devono aprirsi – prosegue Bussone -. Le aree montane oggi sono al centro di processi diversi dal passato. Non siamo (più) il margine e la periferia dell’impero. Sul fronte dello sviluppo locale, ai pilastri storici del turismo e dell’agricoltura, si uniscono le sfide della green economy e della gestione delle risorse – acqua, foreste, paesaggio… – che custodiamo e ci vedono protagonisti. Una ‘Piattaforma montagna’, per il nostro presente e il nostro futuro, già contagia la politica nazionale e gli Enti locali, i Comuni. C’è attenzione e ci sono strategie, anche risorse, come hanno confermato i Parlamentari approvando all’unanimità alla Camera quattro mozioni dedicate alla montagna, il 29 gennaio 2020, e come ha detto il Ministro Boccia due giorni dopo convocando a Roma gli Stati generali della Montagna. Con urgenza devono essere attuate la legge nazionale sui piccoli Comuni del 2017, la legge sulla green economy del 2015, la legge sul terzo settore, il codice forestale. Oltre a Piano banda ultralarga e a un nuovo Programma operativo nazionale (Pon) dedicato a montagna e aree interne, che dovrà usare bene le risorse della nuova programmazione europea 2021-2027. Anche sul fronte della Protezione civile, gli ambiti territoriali di cui parla il Codice sono ancora un miraggio. Le Regioni non hanno quasi mai recepito quanto stabilito nell’articolato nazionale. E così ci troviamo in un sistema non sempre lineare dove gli Enti territoriali scontano quale lacuna della Regione e decreti nazionali mancanti”.
“Queste sono le sfide – conclude il presidente Uncem – che richiedono preparazione, dirigenti locali e nazionali capaci, politici lungimiranti e Politica forte. Da parte sua, Uncem farà tutto il possibile per far crescere senso delle Istituzioni, appartenenza, coesione e unità. Anche tra territori, montani, rurali, urbani”.